Tratto da: "La Riforma Radicale"
Nell'universo di riferimento islamico, come abbiamo potuto constatare lungo il nostro studio, la riflessione sulla legge occupa un posto centrale. I fuqaha ed i giuristi hanno perfino ridotto la shari'a, secondo la loro specializzazione, a un corpus di leggi da applicare: d'altra parte, presso musulmani e non , è frequente leggere o udire la parola shari'a utilizzata unicamente col significato di "legge islamica". L'attribuzione di questo significato e di questa traduzione non è banale e svela una di quelle riduzioni che si sono verificate nel mondo musulmano attraverso i secoli.
Il processo ricorda quello che abbiamo mostrato nelle diverse tappe dell'evoluzione della scienza dei fondamenti del diritto e della giurisprudenza (usul al fiqh): una fissazione sui Testi che nasce da un'atteggiamento doppiamente difensivo di fronte all'evoluzione della societá e alla dominazione dell'altro. Il fenomeno è iniziato molto presto, come abbiamo visto con la reazione di Ash-Shafi'i nel momento in cui scrive la sua Al Risala. In origine, anche i sapienti, che erano, per disposizione naturale, vicini alla lettera dei testi, integravano l'ambiente ( al-waqi') e interesse comune ( al maslaha) delle pololazioni alla loro comprensione della legge e alla conseguente formulazione dei loro pareri giuridic ( Fatawa). Il senso degli obiettivi superiori della Via era naturalmente accordato all'inserimento non meno naturale dell'ambiente sociale e umano nella riflessione giuridica. Con il passare del tempo, la percezione del rischio che i principi venissero trascurati ha fatto si che il senso della fedeltá alle finalitá superiori del messaggio ( nella fiducia) fosse sostituito dal senso della fedeltá alla lettera dei testi ( nel timore). As-Shari'a che era stata la Via secondo cui era pensata l'applicazione delle leggi nel tempo e a seconda dei contesti, si riduceva ormai a un corpus di leggi da applicare in modo formale cosi com'era. Queste leggi diventavano e sono spesso diventate, nella loro formalizzazione, il segno esclusivo che permette di identificare il carattere "islamico" di un progetto collettivo. Come si vede, l'interpretazione e la traduzione della parola rivelano riduzioni dalle conseguenza problematiche.
Il ritorno alle finalitá e agli obiettivi superiori ci impone di affrontare la questione della Via e delle leggi in un'ottica necessariamente piú globale, poichè ciò che conta in fondo, è collegare il rispetto delle finalitá etiche ( Maqasid) allo stato reale delle societá e dell'ambiente umano così da pensare in modo realistico e coerente il rapporto con le leggi e la legislazione in generale . Abbiamo messo in evidenza un certo numero di finalitá superiori che era possibile trarre dai testi: Il bene e l'interesse comune della gente ( al masalih), il rispetto della vita, della pace (e della pace sociale) in particolare, per quanto ci riguarda), della dignitá, del benessere, della conoscenza, dell'uguaglianza, della libertá, della giustizia e della solidarietá sono principi che costituiscono le fondamenta dell'etica islamica a cui vanno aggiunti obiettivi piú specifici come la garanzia dell'istruzione, la protezione della salute la sussistenza, il lavoro, i beni, i contratti, il vicinato e, su un piano sociale e collettivo, la promozione dello stato di diritto, della deliberazione, del pluralismo delle religioni, delle culture e delle memorie, dell'evoluzione naturale della societá e infine, dell'indipendenza delle nazioni. Questa lunga lista di finalitá superiori deve accompagnare in modo rigoroso la riflessione sul progetto sociale e politico; un progetto che essa ispira, ma di cui non determina alcuna forma prestabilita ne alcun modello. L'osservazione è importante: l'approccio attraverso el finalitá superiori ci impone ancora una volta di distinguere tra finalitá e principi universali da una parte e modelli storici dall'altra. Questi ultimi, così come l'esperienza profetica di Medina, furono modelli di applicazione delle finalitá in un momento preciso della Storia, ma dato che questa evolve bisogna necessariamente che i modelli si trasformino allo stesso modo. Il rapporto con le finalitá etiche e la ricerca di agire con coerenza impediscono che si idealizzi il passato sacralizzando il pensiero degli Ulema ed evitando l'immobilismo in materia sociale e politica. Si tratta chiaramente di un invito alla ragione critica perchè rimanga sempre vigile sui tradimenti e le distorsioni possibili a cui possono essere sottoposti gli ideali e perchè sia, al tempo stesso, creativa nelle soluzioni o nei modelli storici da realizzare.
Per decenni, abbiamo assistito a vivaci dibattiti tra sapienti pensatori e politici circa l'opportunitá di riferirsi al termine " democrazia" come modello di organizzazione politica per le societá a maggioranza musulmana. Alcuni rifiutavano il termine considerandolo come occidentale, altri vi vedevano una distorsione essenziale del rapporto con il "potere divino" ( Al Hakimyya lil-lah), altri ancora volevano aggiungervi una qualificazione e parlare di "democrazia islamica"; altri, infine, accettavano di fare riferimento alla suddetta nozione senza vedervi alcuna contraddizione con i principi islalmici. Negli ultimi anni i sostenitori di questa posizione sono considerevolmente aumentati ma restano pur sempre leader o movimenti che si oppongono all'utilizzo del concetto in nome di una certa idea di applicazione della Sharia'a. Questo è davvero il nocciolo della questione.
La disputa su questo concetto e sul suo utilizzo mette in evidenza la duplice riduzione operata nei dibattiti: una comprensione delle leggi scollegata dalle finalitá superiori e una associazione di queste leggi a un modello storico preciso. Il pensiero musulmano contemporaneo fatica a uscire dal formalismo e/o dall'immobilismo. Lo studio delle finalitá superiori dell'etica e la loro possibile categorizzazione sul piano del progetto sociale e politico mettono in evidenza cinque principi fondatori che, nella loro diversitá, sono gli stessi sottesi ai modelli democratici: Stato di diritto, cittadinanza egualitaria, suffragio universale, delegazione contrallata e misurata del potere ( secondo l'espressione inglese: accountability) e separazione dei poteri. Alla luce di questi principi e di queste finalitá superiori, le societá a maggioranza musulmana dovrebbero entrare in un processo di democratizzazione che consideri l'applicazione delle leggi in funzione degli obiettivi e soprattutto che adatti il modello al contempo alle finalitá e alla situazione ambientale sociale e umana. Si tratta di avviare un processo globale che tenga conto dell'insieme delle finalitá etiche che devono essere rispettate. In altri termini, il processo di democratizzazione deve generare una propria analisi critica e costruttiva sulle mancanze dei modelli democratici contemporanei nella realizzazione dei loro ideali. Non si puó pensare di utilizzare un concetto senza criterio e di imitare ciecamente dei modelli senza intraprendere, in nome dell'etica stessa che ci invita a impegnarci in un processo di riforma sociale e politica, uno studio critico delle contraddizioni , delle incoerenze e delle mancanze dei modelli democratici contemporanei.
Torneremo piú avanti su queste essenziali questioni, ma si intuisce fin d'ora la natura della riflessione che ci aspettiamo e che esigiamo da parte dei fuqaha, dei pensatori e dei politici. Si tratta nei fatti, di una riforma non di adattamento, ma di trasformazione radicale. E la societá civile, quella delle donne e degli uomini che dovrá risvegliarsi e spingere i consigli giuridici e gli intellettuali a fornire risposte globali, ma preziose e coerenti alle loro domande sociali, culturali, economiche e politiche. Attraverso il suo impegno e le sue leggittime rivendicazioni, la popolazione deve trasmettere il potere all'autoritá a cui ha diritto. Il centro di gravitá di quest'ultima, che noi vogliamo spostare, passa anche, e soprattutto, attraverso un nuovo impegno concreto delle donne e degli uomini comuni a una riflessione critica ed esigente, ad una ricerca collettiva e pratica delle soluzioni. È questo uno degli aspetti della crisi che constatiamo oggi nell'universo di riferimento islamico con i suoi riflessi di formalismo difensivo e ossessionato dall'alteritá, mentre bisognerebbe avviare un movimento di riforma fiducioso, universalista, assolutamente inclusivo e positivamente offensivo.
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