Lo strabismo dell Occidente


di Ahmad Abdel Aziz
Questo periodo, per un arabo cresciuto in Occidente, o meglio, per un italiano di origine araba, è un momento particolare.Sul palco della storia è in corso unospettacolo inatteso, quanto mai inaspettato, soprattutto per chi, come me, è cresciuto con la quasi convinzione, indotta ovviamente, che le cose in Italia non cambieranno mai, e in Egitto, mio paese d’origine, ancor meno.
Quando in Tunisia le corpose manifestazioni di piazza, cosa rara nei Paesi arabi, hanno acquisito i connotati di una vera e propria rivoluzione, ho avvertito che la storia stava per attraversare momenti di grandissima intensità.
Il 9 marzo leggo su ‘Il Corriere della Sera’ un articolo di Piero Ostellino dal titolo “La profezia di Oriana”.L’argomentazione principale poggia sui differenti scenari che si potrebbero delineare nei Paesi interessati dal cambiamento e percorsi dalle rivolte, e in Europa, in cui “l’ arrivo di masse di profughi, in fuga da quei Paesi prima della loro stabilizzazione, minaccia di incrementarne il tasso di «islamizzazione»”.
Secondo Ostellino, riassumendo, siamo dinnanzi a due problemi, entrambi per l’Occidente.
Il primo: il rovesciamento dei dittatori, detti anche i custodi della stabilità politica e soprattutto economica, crea un vuoto riempito dagiunte militari, parimenti illiberali” che quindi, oltre al non essere partner affidabili, non sono neppure promotori di democrazia. Questo scenario, al saldo degli eventi, ci presenta una sostanziale perdita di opportunità anche in virtù del fatto che, le nuove classi dirigenti politiche che hanno preso il posto dei vecchi e cari dittatori, vorranno ridefinire, giustamente, i nuovi rapporti politico-economici.
Il secondo problema: riguarda  il pericolo di «islamizzazione». In primo luogo viene presentata come assodata l’equazione per cui all’islam è equivalso un contributo negativo sul piano della modernità dunque della secolarizzazione, sul piano politico e sociale, oltre che sul piano religioso.
Evitando di entrare in analisi antropologiche sulla differenze delle due «civilizzazioni» incompatibili”, ovvero l’Islam e l’Europa, si può affermare che lo strabismo col quale si guarda il mondo al di la dell’Occidente non solo è del tutto inadatto, e si traduce nel non riuscire a comprendere il mondo arabo-islamico, dunque quanto sta accadendo oggi, ma si traduce anche in una assoluta incapacità di comprendere il nostro cambiamento, il cambiamento culturale e sociale dell’Europa. Si continua ad utilizzare lo schema l’Islam e l’Occidente come se l’Islam non fosse già in Europa e come se i musulmani non fossero parte integrante della “cultura comunitaria”.
Ovviamente, da giovane musulmano, europeo di origine araba, come tanti ce ne sono in Italia e Europa, intendo, ad esempio l’utilizzo della terminologia «fondamentalismo islamico», utilizzata come concetto generico, sempre citata quando si parla di Islam o mondo arabo, come l’incapacità di analizzare il cambiamento in modo serio, tralasciando l’allarmismo e gli scenari tratti da “l’ infausta profezia di Oriana” che denotano, oltretutto, anche una sorta di fragilità.
Bisognerebbe dire, in un messaggio chiaro, ai nostri analisti, giornalisti e politici, che o si intraprende la strada della comprensione seria delle dinamiche del cambiamentonel mondo arabo/islamico e a casa nostrao si rischia di scontentare tuttii giovani di piazza Tahrir, che ci guardano attraverso ‘Al Jazeera’ e che -cosa nuova per noi- ci giudicano, e i giovani che crescono nelle nostre città, che, come me, si sentono citare troppo spesso come dei problemi estranei alla nostra civiltà.
Bisognerebbe, inoltre, ricordare ai nostri politici e strateghi, che anche soltanto il pragmatismo economico e politico dovrebbe spingerli verso un ‘utilizzo’ della diversità come connettore di realtà, dunque come motore di relazioni, che sono la base dello sviluppo economico e politico di una Nazione.
Tutto questo, però, è possibile se si ha la consapevolezza che la diversità è un problema se chi la gestisce è incapace di tradurla in possibilità.
Così, mentre il Presidente Barack Obama nomina Gary Locke, il sessantunenne di origine cinese, Ambasciatore a Pechino dicendo”non credo che nessuno sia più qualificato di Gary Locke”, intendendo nessuno è parte di entrambe le realtà, cinese e americana, dunque in grado di comprenderle entrambe, e spiegando anche il pragmatismo della scelta -“la cooperazione fra i nostri paesi farà bene a noi, alla Cina e al mondo intero”-, il nostro Ministro agli Interni, Roberto Maroni, evidenzia quanto poco conosce il mondo arabo, quando, intervenendo  sulla questione Libia, prospetta come “un intervento militare significherebbe la terza guerra mondiale”, perché “un’azione militare forte, in particolare da parte degli Usa non farebbe altro che coalizzare gli altri stati arabi”, senza trascurare, naturalmente, il rischio fondamentalista islamico con Al Qaeda, sia che si parli di Libia, sia che si parli di sbarchi a Lampedusa.
Come dire, il mondo sta cambiandonoi no.

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