di Davide Piccardo
Precarietá è un termine entrato prepotentemente nel vocabolario comune da almeno una decina d’anni, un parola che viene pronunciata sempre più spesso, e viene pronunciata, anche da chi non se lo sarebbe mai aspettato. Si espande a macchia d’olio e sembra non voler risparmiare nessuno, travolge diritti acquisiti e non fa differenza tra generazioni, anche se ha un debole per i giovani.
Quando sei precario hai ben pochi diritti, non esistono le ferie, e normalmente è meglio, perchè non avresti i soldi per partire, è meglio che non ti ammali perchè a fine mese al posto dei 1000 euro te ne troveresti 800, dimenticati la pensione, non pensare di avere un figlio, la maternitá non esiste e, soprattutto, se aspetti un bambino probabilmente il tuo contratto non sará rinnovato. Vuoi comprare casa? Ci dispiace, non basta piú essere pronti a pagare uno stipendio intero ogni mese per 30 anni per avere un tetto sulla testa, al mutuo non tu non puoi accedere. Non offri abbastanza garanzie.
L'avvento della precarietà risponde a cause differenti, da una parte c'è la terziarizzazione dell'economia, la riduzione del lavoro in fabbrica, la crescita degli impiegati nella produzione intellettuale nel “primo mondo”, cosa che implica in certi casi una maggiore flessibilità del lavoro; dall'altra parte, è in corso una guerra contro i diritti dei cittadini-lavoratori; una guerra che precarizza non solo il lavoro, ma l’intera esistenza, la formazione del sapere e la ricerca. Si utilizza come pretesto l'evoluzione dell'economia globale per accentuare lo sfruttamento delle persone, aumentare i profitti ed imporre una concezione del lavoro ottocentesca.
Questo processo determina di fatto l'esistenza di una massa di lavoratori senza diritti.Le cifre fornite dagli esperti sono impressionanti, si parla di una percentuale di lavoratori precari che sfiora il 70% dei lavoratori totali; questa cifra spiegano, si otterrebbe sommando il 28% di lavoro nero ai contratti atipici e a quelli delle imprese con meno di 15 dipendenti, e per questo non tutelate dall’articolo 18. Buona parte di queste persone, sono sottoposte al ricatto quotidiano, e apparentemente senza nessuna forza contrattuale, persone intrappolate in un'attesa infinità della stabilità. Anche le organizzazioni sindacali classiche, si sono rivelate a dir poco insufficienti ad arrestare l'avanzata della precarietà, l'incapacità di opporsi adeguatamente alla legge Treu e successivamente alla legge 30 lo dimostrano. Attualmente gli stessi sindacati sono percepiti da chi si occupa di precarietà, come soggetti troppo concentrati sulla difesa di un modello residuale e poco propensi a farsi portavoce delle nuove esigenze del preariato.
Per cercare di trovare e proporre soluzioni a questa situazione, il 15 e il 16 gennaio, si sono svolti gli Stati Generali della Precarietà. La data non è stata scelta a caso, visto che, il 23 gennaio, sará l’ultimo giorno valido per impugnare i contratti di lavoro precario davanti al giudice, poi secondo la norma stabilita nel “Collegato Lavoro”, ci sará un condono totale.
La seconda edizione di questa due giorni di dibattiti e laboratori sul tema ha una sede emblematicamente molto precaria. Il Centro Sociale La Fornace , appena rioccupato dopo lo sgombero della settimana scorsa. Gli Stati Generali puntano ad elaborare un “punto di vista precario”, pensare e proporre un nuovo modello di stato sociale che non si basi più esclusivamente sul lavoro ma che si fondi sulla cittadinanza. In questo senso si muovono, per esempio, gli interventi del Professor Fumagalli, esperto in materia, che dimostrano come sarebbe doveroso ed economicamente sostenibile un nuovo sistema di welfare che sia in grado di rispondere all’attuale condizione lavorativa di milioni di persone. Il Welfare Metropolitano per esempio si fonderebbe sull’istituzione di un reddito minimo di cittadinanza, in grado di garantire la possibiltá per i cittadini di non sottostare al ricatto del lavoro iniquo.
Riscuote un grande interesse il workshop: Precarietà migrante,migranti nella precarietà, lavoro, lotte e razzismo”; i partecipanti analizzano la particolare condizione dei migranti precari, soggetti doppiamente sfavoriti e discriminati dai datori di lavoro e spesso dell’ostilitá delle istituzioni che condizionano il loro diritto ad esistere ad un contratto di lavoro regolare ed indeterminato al quale non riescono ad accedere. Si parla del prossimo Primo Marzo, giorno che evoca il primo sciopero dei migranti compiuto nel 2010 e che le organizzazioni dei migranti vogliono ripetere con una maggiore attenzione alla tematica del lavoro.
Tra i protagonisti delle due giornate c'e il collettivo “Intelligence Precaria” che si dedica alla realizzazione e diffusione di studi approfonditi sulla tematica; un esempio di utilissima pubblicazione sono i “Quaderni di San Precario”, un volume che contiene ricerche ed interventi di vari ricercatori sulle questione legislative legate alla precarietá.
Nel pomeriggio del sabato si analizzano i fatti di Roma del 14 dicembre che molti non esitano a definire come uno spartiacque, quest’esplosione di rabbia, che per la prima volta in tanti anni è stata sostenuta dalla gran parte del movimento, ha stupito tutti. Anche i piú esperti conoscitori delle piazze sono rimasti totalmente sorpresi dalla forza e dalla spontaneitá degli scontri. A Roma, giovani studenti delle superiori, universitari, precari, operai metalmeccanici e disoccupati hanno manifestato tutta la loro frustrazione ed indignazione. Questa è la presa di coscienza di un' intera generazione, dicono i molti.
Riuscire ad identificare le componenti sociali che esprimono questo disagio, riuscire a tessere reti di comunicazione e collaborazione con queste parti di societá sará una delle prossime grandi sfide per il movimento dei precari che ha come prioritá immediata stabilire forme di autorganizzazione che includano tutti quei soggetti che subiscono la precarizzazione.
La parola d’ordine per il futuro, sembra essere “sciopero precario”, un possibile sciopero che, ad ascoltare gli applausi della platea, si fará presto.
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