di Omar Abdel Aziz
Abul-Futuh, esponente della corrente riformista della fratellanza egiziana |
Per anni le potenze occidentali hanno sostenuto le peggiori dittature del mondo arabo sventolando lo spauracchio della Fratellanza musulmana, dall'Egitto alla Siria, passando per la Palestina il rischio era che prendessero il potere e istaurassero una repubblica islamica come l'Iran. Regimi arabi hanno governato per decine di anni soffocando libertà, democrazia e diritti umani. Prendiamo il caso dell'Egitto. Per trent'anni i Fratelli musulmani sono stati perseguitati ma anche accettati, se pur indirettamente, dal governo come forza politica e sociale organizzata sul territorio, un movimento dalle diverse diramazioni che offriva servizi lì dove lo stato egiziano non arrivava. La politica della messa al bando del movimento e degli arresti sistematici, per lo più per dirigenti locali, non hanno fatto altro che renderli più forti e legittimati agli occhi del popolo egiziano. Non è un caso se la maggiore forza di opposizione al Regime trentennale del "Faraone" siano stati proprio loro. Gli ikhwan al-muslimin negli anni hanno lavorato su più livelli, da una parte la politica presentando candidati propri o formando soggetti politici di opposizione con altri partiti, ad esempio Kifaya, uno dei promotori delle rivolte anti Mubarak, dall'altra un lavoro nella società, con la forte presenza nei sindacati, nei gruppi studenteschi, negli ordini professionali. Si sono però mossi anche sul piano dell'assistenza alle fasce più disagiate, diverse infatti sono le Ong espressione della Fratellanza in Egitto. Così il movimento si è creato una base popolare di consenso utile alla legittimazione politica di fronte al Regime e al dialogo con gli altri partiti di opposizione. Con la caduta di Mubarak ora si aprono prospettive, anche politiche, per gli islamici.
Ma si possono escludere dal gioco democratico i Fratelli Musulmani?
Non sarebbe di certo un buon inizio, per una vera democrazia, anche perché di fatto, rappresentano legittimamente le istanze di una parte importante della società egiziana. I Fratelli in realtà sono temuti più all'estero che in Egitto, per la loro visione politica e per le posizioni su Israele. Sulla politica diverse sono le spinte all'interno del movimento. Esistono e convivono insieme diverse correnti, alcune conservatrici altre più riformatrici altre ancora moderate. In generale all'Interno della Fratellanza ci si ispira più alla Turchia di Erdogan che all'Iran di Ahmadinejad, un modello per altro poco preso in considerazione per le forti differenze sul modello di gestione del potere , tra i sunniti non esiste l' infallibilità della guida politica e l' elevazione di questo a segno di Dio sulla terra, come è Khomeini. Inoltre in merito al rinnovamento, i giovani del movimento rappresentano senza dubbio l'ala più moderna, una generazione che vuole fare politica utilizzando Facebook, Twitter, le video conferenze e le e-mail, insomma andare oltre gli schemi classici della politica, quella dei comizi e degli annunci. Resta il nodo Israele. Una questione aperta non solo per gli Ikhwan ma anche per le altre forze politiche che ora si preparano a partecipare alla costruzione del nuovo Egitto. Per la stabilità dell’area, la libertà e la democrazia restano comunque elementi essenziali e imprescindibili, e l’Occidente, anche se in ritardo, sembra averlo capito.
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